"Dai confini esterni della zona alluvionata non era percettibile la terribile potenza devastatrice che si era scatenata all'interno della citta'."

Testimonianza di Gregorio Landi (I)

"Facevo l'Universita' a Firenze, avevo una Borsa di Studio per abitare alla Casa dello Studente in Piazza Indipendenza. La zona fu appena sfiorata dall'acqua, tanto che seppi dell'alluvione dal barista che non poteva farmi il cappucino; l'Arno era uscito dagli argini e la corrente elettrica era partita. In un primo momento tutta quell'acqua in posti inusuali sembro' assurda quasi divertente.

L'opinione era che se ne sarebbe andata come era venuta lasciando un po' di umidita' e di sporco. Dai confini esterni della zona alluvionata non era percettibile la terribile potenza devastatrice che si era scatenata all'interno della citta'. Anche con quella sottovalutazione iniziale, la certezza quell'acqua avrebbe sicuramente danneggiato i libri della Biblioteca Nazionale fu subito chiara, ed alla Casa dello Studente, da frequentatori assidui, valutammo cosa fare. Non ci immaginavamo neppure lontanamente, dalla nosta isola relativamente intatta, quello che ci avrebbe aspettato il giorno dopo.

L'acqua si ritiro', ed una marea di fango e ... (ho scoperto in quei giorni l'arretratezza del sistema fognario fiorentino) aveva invaso tutto. Il pallido sole di quella mattina non riusciva a colorare quell'insieme informe e puzzolente che era diventata la citta'. Arrivai alla Biblioteca Nazionale chiedendo un passaggio ad un gippone della Polizia che, evidentemente, non sapeva cosa fare oltre che "look busy"; infatti furono ben contenti di accompagnarmi. La latitanza e l'ineguatezza degli apparati dello Stato erano gia' piu' che evidenti, e, visto che loro non sapevano cosa fare io invece avevo almeno una direzione, mi permisi di usarli come un taxi.

Alla Biblioteca Nazionale c'era gia' qualche sparuto gruppo di ex-utenti (quasi tutti studenti universitari). Facemmo le prime file, e pacchi informi di fango e di carta incominciarono ad arrivare ai piani superiori; li mettevamo all'aperto sotto una loggia che si affacciava su un cortile interno trasformato in una grande piscina di fango ed acqua, sull'acqua navigavano libri, codici miniati ed annate di giornali. Ero l'ultimo della fila e dovevo sistemare nel poco spazio asciutto grandi quantita' materiale piu' o meno prezioso. Mi permisi di decidere chi salvare; quando dal fondo arrivavano su pacchi di annate del quotidiano "Il Corriere della Sera" o "La Nazione" questi venivano regolarmente, per decisione unanime, ributtati nella piscina sottostante con grande soddisfazione.

Lo confesso come Angeli del Fango eravamo molto settari. Il quotidiano locale se ne accorse rapidamente, ed alcuni mesi dopo, alle prime manifestazioni studentesche, aboli' il termine di Angeli del Fango ed inizio' ad usare quello di sovversivi; e con una certa lungimiranza visto che alcuni temi chiave del 68 ci si chiarirono in quei giorni drammatici. Vedemmo, discutemmo e lavorammo insieme con una generazione di giovani, scambiammo esperienze e conoscenze irripetibili.

Negli anni successivi con la generosita' dell'eta' ci siamo scontrati contro mulini a vento; pensavamo che fossero cavalieri, ma erano soltanto avidi ed ottusi mulini a vento. Loro vinsero noi perdemmo, per questo sono condannati a rimanere e rimarranno ottusi e avidi mulini a vento.



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