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di Gloria Chiarini


La Buca delle Fate

"Pingui colline coperte di terra buona... non inferiori per fertilità ai campi coltivati in pianura... Da ogni parte si estendono vigneti... in basso boschetti, prati e colture a grano... praterie di trifoglio e altre erbe tenerissime... perchè queste terre sono alimentate da sorgenti perenni...". Così lo scrittore latino Plinio il Giovane descriveva oltre duemila anni fa le terre abitate dal popolo etrusco. Campagne floride, montagne ricche di metalli e minerali, artigiani abilissimi e una cultura sofisticata... Non c'è da stupirsi che i romani, da poco apparsi sulla scena della storia, si gettassero con entusiasmo alla conquista di questo Paese del Bengodi dai cui abitanti, oltretutto, avevano da imparare moltissimo. L'occupazione romana, iniziata da Veio nel 396 a.C., fu lenta ma definitiva, anche perché vide, piano piano, i due popoli fondersi e mescolarsi, sia pure fra alterne vicende e tentativi di ribellione pagati a caro prezzo.

E' emblematica a questo proposito la vicenda storica della grande Fiesole e della piccolissima Firenze, quest'ultima semplice approdo commerciale in riva d'Arno, malsana e paludosa, quando sul colle di Fiesole, ombroso e asciutto, gli etruschi costruivano la possente cinta muraria di cui vediamo ancora larghi resti. Questa cintura di massi poligonali, lunga oltre due chilometri, difendeva una città nata almeno nel IV secolo a.C. ma con resti di insediamenti organizzati che risalgono al VII-VI secolo (culture villanoviana ed etrusco-arcaica) e con tracce di presenza umana così antiche che attraversano il primo e il secondo millennio a.C. per attestarsi in epoca ancora protostorica (cultura eneolitica).

Pur non essendo una delle 12 principali città della nazione etrusca, Fiesole era importante per la sua posizione strategica rispetto alle vie di comunicazione con il nord (qui passano la via Bolognese e la Faentina, che valicano l'Appennino) e per la prossimità al guado dell'Arno, lungo il quale si svolgevano i commerci: solo 8 chilometri separano infatti la collina da piazza della Signoria. Fu dunque una pericolosa e agguerrita rivale quella che Roma si trovò davanti nella sua espansione verso nord: la potenza delle sue armi è testimoniata ancora nel 225 a.C., quando respinge i Galli invasori e li ricaccia fino a Talamone. I fiesolani aiutano poi Roma contro il cartaginese Annibale ma proprio la fine delle Guerre Puniche determina la loro sorte: Roma, senza più rivali, dilagherà in tutta Italia.

Per difendere il suo territorio, minacciato dalle armi e dagli insediamenti dei coloni romani, la città etrusca passa allora all'opposizione. Aderisce alla Lega Italica durante la Guerra Sociale ma viene conquistata da Porcio Catone (90 a.C.). Parteggia per il console Mario contro Silla ma è quest'ultimo a vincere e a stabilire un avamposto militare proprio a San Domenico. Infine, non doma malgrado gli insuccessi collezionati, diventa la roccaforte della congiura di Catilina. La sconfitta di quest'ultimo, nel 63 a.C., determina anche la rovina di Fiesole etrusca, messa a ferro e fuoco.

Ma più delle armi la ridimensionerà, quattro anni dopo, la decisione di Cesare di fondare proprio sul guado dell'Arno, quasi a guardia dei fiesolani, una città di nome "Florentia" destinata ai suoi soldati, veterani di tante battaglie. Da questo momento, secolo dopo secolo, Firenze scardinerà il prestigio di Fiesole e si impadronirà di tutto il suo potere, economico e politico, fino a distruggerla nel 1125 dopo un assedio durato 10 mesi.

Il tempo finirà poi di soffocare i resti della sua passata grandezza facendo perdere persino le tracce dei suoi monumenti. I luoghi sacri degli etruschi (templi e necropoli) e i centri di svago dei romani (il teatro e le terme) scompariranno dalla vista degli uomini, ricoperti dalla terra, dai prati, dagli alberi. La grande area che li ospitava, posta a nord della cattedrale di San Romolo, subito dietro la centralissima piazza Mino, diventerà un boschetto scosceso pieno di fascino e di mistero, dove il ricordo degli antichi culti si trasformerà in leggenda silvestre. Lo chiameranno la "buca delle fate" e non mancherà di regalare a qualche contadino la magìa di una scoperta: un boccale, un bronzetto, un pezzo di marmo, un rilievo dai caratteri incomprensibili.

Si dovrà arrivare al 1792, epoca di grande fervore archeologico, perchè le cose cambino. La scoperta di una scalinata (quella del tempio romano) nella "buca delle fate" fa iniziare una lunga campagna di scavo dalla quale emergono il Teatro Romano (nel 1809), le terme (nel 1891), l'Ara etrusca del III secolo a.C. (nel 1899) e, poco dopo, l'Ara romana. A fine secolo il Muntz scrive: "su questo terreno classico ogni settimana si scoprono delle monete, dei marmi, dei vasi. Nelle strade i bimbi vi offrono per pochi centesimi dei mosaici trovati nei campi".

Intanto, per conservare i reperti, si è istituito a fianco dell'Area archeologica un Museo Civico (1878), mentre gli scavi si spingono davanti alla vecchia basilica di Sant'Alessandro (dove vengono alla luce locali di uso sacro), tra le vie di Santa Maria e del Carro (casa romana con pavimento a mosaico), nel terreno di Villa Marchi a sud della città (stipe votiva con 40 bronzetti etruschi), in via Matteotti e via del Bargellino (4 tombe etrusco-ellenistiche). L'intera collina sembra voler raccontare la sua storia ultra millenaria trasformandosi in una specie di museo a cielo aperto (e così è ancora, per chi ha la curiosità di percorrerla a piedi).

La ricerca proseguirà, interrotta solo dalle due guerre, continuando a stupire per l'importanza dei ritrovamenti: sotto l'Ara romana, ad esempio, si scoprono nel 1958 due buche circolari che fanno pensare a capanne preistoriche.

Definita la pianta topografica dell'Area archeologica vera e propria (larga 3 ettari), gli scavi si estendono a nuove zone come via Marini, via Portigiani e piazza Garibaldi. Le indagini degli ultimi dieci anni hanno confermato la ricchezza del sottosuolo fiesolano e portato l'Amministrazione alla stesura di una intelligente "Carta del rischio archeologico", indicativa di supposte "presenze" antiche. La si può vedere esposta al Museo, situato fin dalle origini all'interno dell'Area archeologica e aperto al pubblico negli stessi orari (9-19 dal 1 aprile al 30 settembre, tutti i giorni tranne il primo martedì del mese). Proprio negli ultimi tempi il Museo, ricco di 7.000 pezzi, è stato riordinato da Marco De Marco e ampliato attraverso un sottopassaggio che lo collega all'Antiquarium, dove è ospitata da tempo la collezione di ceramiche antiche (greche, italiche, etrusche) donata al Comune di Fiesole dal professor Alfiero Costantini. Scavi, Museo e Collezione Costantini costituiscono così oggi un tutto unico. Non solo. Il sottopasso permette di osservare molto da vicino, attraverso una parete di cristallo, le poderose mura etrusche che dall'alto scendono verso l'area di scavo, mentre lo spazio guadagnato col nuovo allestimento ha consentito di esporre i risultati delle ultime ricerche: in particolare il focolare etrusco scoperto all'interno della Cattedrale di San Romolo. Il focolare, trovato sotto la cripta, era circondato da frammenti di ceramica con iscrizioni votive, cosa che fa pensare alla presenza di un antichissimo luogo di culto sopra il quale sarebbe stato impiantato quello cristiano.

Particolarmente suggestiva è poi la ricostruzione della tomba longobarda rinvenuta nel 1988 nel sepolcreto barbarico sotto piazza Garibaldi (un altro è nell'Area archeologica). Vi si vedono esposti i resti di un individuo di sesso maschile, di circa 50-60 anni, sepolto con alcuni oggetti di corredo (un coltello di ferro, una scure, un calice di vetro azzurro...). La posizione di Fiesole, alta sulla pianura e ben difendibile, la fece infatti tornare importante nei secoli a cavallo fra l'età antica e il Medioevo, quando le invasioni dei popoli barbari decretarono la decadenza di Firenze. Fu qui che le orde dei Goti di Radagaiso vennero fermate dal generale bizantino Stilicone (l'8 ottobre del 405, giorno di Santa Reparata) e fu sempre qui che si consumarono vari episodi della Guerra Gotica. Fra alterne vicende, Fiesole ospitò un presidio militare goto e poi un nucleo longobardo, per tornare poi a vivere all'ombra di Firenze divenuta ormai libero (e ricco) Comune.

All'ombra di Fiesole, per ironia della storia, tornano invece oggi i fiorentini, che l'estate abbandonano l'afa della pianura, salgono sull'autobus numero 7 e scendono in piazza Mino a godersi il venticello della collina e gli incomparabili paesaggi offerti dalle terrazze panoramiche affacciate sulla città. Oppure, giunta la notte, scendono nella "buca delle fate" e si siedono sulle gradinate del Teatro Romano dove ancora oggi ogni estate nei mesi di luglio e agosto, si recita e si danza al chiarore delle stelle. E non si sa più se lo spettacolo è là in fondo, sulla scena, o tutt'intorno, nell'incomparabile fascino delle monumentali rovine.


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