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di Luciano Artusi - Vincenzo Giannetti


Via San Leonardo e la sua collina

ll piazzale Galileo, da cui ha inizio la passeggiata, a differenza del piazzale Michelangelo non offre vedute panoramiche sulla città essendo situato sul fianco della collina di Arcetri. Lateralmente alla piazza si erge il monumento a Daniele Manin, l'illustre patriota che fu l'animatore della resistenza di Venezia contro gli austriaci durante il famoso assedio del 1848. La statua, donata in segno di riconoscenza dagli esuli veneti alla città di Firenze, fu collocata inizialmente in piazza Ognissanti e poi spostata, verso il 1930, in questo luogo.
Ci si incammina per il viale in direzione del piazzale Michelangelo, fiancheggiando villa Bonciani posta sul lato sinistro, mentre sul lato opposto si trova il bar Fontana, dal nome del suo primo proprietario Tullio Fontana, divenuto famoso per aver compiuto, alla fine del secolo, in bicicletta, il percorso Firenze-Atene. Il locale ebbe in seguito, negli anni trenta, momenti di notorietà perché luogo d'incontro di letterati e artisti, fra i quali il pittore Ottone Rosai, spirito bizzarro e magnifico interprete del paesaggio fiorentino.
Girando a sinistra si entra in via San Leonardo, strada unica nel suo genere, che al carattere poetico aggiunge un particolare fascino derivante dai muri che la delimitano e sembrano quasi modellarla nel tortuoso tracciato.
Sulla casa d'angolo, una lapide ricorda il soggiorno fiorentino del musicista Ilic Ciaikovskij:

IN QUESTA VILLA NEL MDCCCLVIII DIMORÒ E OPERÒ PETR ILIC CIAIKOVSKIJ DALL'IMMENSA PIANURA RUSSA ALLA DOLCE COLLINA TOSCANA APPRODATO D'ENTRAMBE NUTRENDO LE SUE ARMONIE IMMORTALI

Quasi di fronte, al numero civico 53, c'è villa Piatti, il cui prospetto è reso elegante da belle finestre cinquecentesche poste ai lati del portone sormontato dallo stemma mediceo. Quindi villa Lauder, caratteristica per il suo intonaco color rosso mattone, mostra una bella loggia di stile rinascimentale al primo piano ed un interessante tabernacolo in pietra serena sulla facciata, raffigurante in bassorilievo la Sacra Famiglia in terracotta dell'Impruneta.
Oltrepassata via Schiapparelli si nota al n. 50 villa Vay de Vaya, un edificio dominato da due alte torrette laterali e segnalato da un tabernacolo con Madonna in terracotta che porta questa iscrizione:

IN MEMORIAM C. B. CONTESSA VAY DE VAYA

Dalla parte opposta, sulla facciata di una modesta casa, una lapide indica lo studio del pittore fiorentino Ottone Rosai che nei suoi dipinti rappresentò gli angoli più caratteristici delle strade e delle piazze d'Oltrarno, scene di vita nel borgo, figure di umili artigiani e questa via San Leonardo, vista dal pittore nella magica visione dei suoi muri. Sulla casa accanto vi è una lapide a ricordo di Mario Pratesi, scrittore toscano dell'Ottocento.


La suggestiva Via S. Leonardo

Un muro, coronato da un ballatoio sporgente sulla via, chiude il piccolo cortile trecentesco di villa Il Barduccio o Barduzzo, residenza nel 1400 dei Barducci, ricchissimi banchieri fiorentini. Il capostipite della famiglia, Giovanni, ispirò Donatello che lo ritrasse nel suo profeta Abacuc, chiamato per la sua grossa testa «lo Zuccone».
Si giunge alla villa Il Gioiello, contrassegnata dal numero civico 40, che appartenne ai Vettori, e poco più avanti al n. 31 villa Agnese con lo stemma dei Guidetti.
La strada assume, nella sua tortuosità, l'aspetto di un corridoio che ha il cielo per tetto in quanto i muri, veri protagonisti di questo straordinario percorso, raramente consentono uno sguardo verso la campagna.
Superata in curva villa Vecchietti, al n. 28, il cui ingresso conserva due solide colonne paracarro ed è sormontato dallo stemma dell'antica famiglia "d'azzurro, a cinque armellini d'argento", appare la piccola chiesa di San Leonardo in Arcetri, con il campanile a vela che spicca fra le chiome degli alberi. La chiesa ha sul fronte un sagrato che somiglia ad un giardino ombreggiato da romantici cipressi. Costruita intorno all'anno Mille, subì nei secoli rilevanti trasformazioni e solo i restauri eseguiti nel 1929 e in tempi più recenti, l'hanno riportata all'aspetto originario. All'interno è custodito lo storico Pergamo duecentesco in marmo, proveniente da San Pier Scheraggio, dal quale pronunciarono i loro discorsi personaggi come Giano della Bella, Dino Compagni e Giovanni Boccaccio. In origine, come già detto, il pergamo era nella chiesa di San Piero Scheraggio e fu portato qui nel 1782, quando il granduca Pietro Leopoldo divenne patrono di San Leonardo in Arcetri, poiché la chiesa di San Piero Scheraggio veniva demolita per aprire il principale ingresso alla Galleria degli Uffizi.
Proseguendo si trova a destra, al n. 11, la cinquecentesca villa Razzolini; poi, al n. 9, villa San Leonardo, nascosta all'interno. Qui, di fianco al suo ingresso, l'intonaco è reso prezioso per la presenza di geometrici graffiti che portano al centro la corolla di una margherita. Ma tutto il percorso diviene ora più ricercato, poiché i muri si ricoprono di fantasiosi segni che, nella loro astrazione, appaiono quasi simboli misteriosi e, quando la strada si fa più stretta, si presenta incorniciata fra le chiome degli alberi la poderosa mole del Forte di Belvedere. La sua costruzione, iniziata il 18 ottobre 1590, fu voluta dal granduca Ferdinando I con lo scopo di dotare Firenze di una fortezza che potesse difendere la città dall'alto, garantire il rifugio alla famiglia regnante in caso di sommosse popolari, difendere il Palazzo Pitti e, soprattutto, creare un sicuro nascondiglio per conservare l'immenso tesoro della famiglia Medici. Fino ad allora questo tesoro veniva custodito in una cella posta in fondo ad un pozzo scavato nella roccia ai piedi della collina. La cella era chiusa da una solida porta in ferro munita da una serratura ideata dal Buontalenti e congegnata in maniera tale da uccidere chiunque avesse provato ad aprirla senza conoscerne il segreto.


Un graffito in Via S. Leonardo

Nelle vicinanze della porta a San Giorgio si innalza, ombreggiato da due antichi cipressi, un tabernacolo ottocentesco restaurato nel 1855 dalla nobile famiglia Pratellesi.
Si prosegue per via di Belvedere, una stradina solitaria e piena di fascino che scendendo la collina, fiancheggia le antiche mura della città; in questo tratto la strada è delimitata da un muro il cui intonaco conserva tracce di antichi graffiti. E grande è lo stupore quando giunti alla prima curva si presenta improvviso un meraviglioso scorcio della città, incastonata fra i baluardi delle torri e la porta a San Miniato; una visione che i possenti contrafforti rendono più suggestiva in contrasto con la poetica semplicità della via immersa nella solitudine campestre.
Raggiunto il piccolo borgo esterno alle mura, si procede verso destra per via di Monte alle Croci e poi per via dell'Erta Canina che sale la collina con forte pendenza. All'inizio la strada si presenta come una scalinata dal fondo acciottolato, ma salendo il percorso si trasforma in sentiero. Arrivati in cima all'impegnativa salita ci accoglie un silenzioso borghetto di antiche case e palazzi, chiamato fino all'Ottocento, Castel d'Arcetri.
Sulla destra è villa Pianigiani e più avanti villa Malchiori, meglio conosciuta un tempo, come villa La Sorgente, per la presenza in quel luogo di una polla d'acqua così potente da indurre l'allora governo granducale ad acquistarla per alimentare le pubbliche fonti dei quartieri di San Niccolò e Santa Croce. A metà del borgo, sulla facciata di una modesta casa al n. 29, è murata una singolare targhetta che sembra segnalare una sosta obbligatoria per godere dell'atmosfera serena del luogo:

RIPOSO DALLA PORTA A SAN MINIATO PER L'ERTA CANINA BRACCIA 900 OSSIA UN QUARTO DI MIGLIO

Sulla strada stretta e tortuosa si affacciano antiche residenze, come villa Buonamici e villa Bellavista, già detta il Paradisino, in cui abitarono lo scultore Pietro Tacca e, nell'Ottocento, il pittore Antonio Ciseri. Infine, al termine del caratteristico borgo, si trova villa Ciantelli, circondata da un vasto e ridente giardino.


Villa Razzolini da Forte di Belvedere

Si prosegue a destra, percorrendo il largo marciapiede a fianco del viale che al tempo del Poggi si chiamava semplicemente «lo» e si raggiungono due appartate villette: l'Idolino e La Perugina, costruite agli inizi del secolo. L'ampio viale si snoda in larghe curve e la passeggiata, definita una delle più belle del mondo, offre continuamente interessanti vedute sulla città.
Dopo una stretta curva, che apre uno scorcio sulla campagna e sulla piccola valle di Carraia, si arriva a villa Lo Stento. Dalla parte opposta si intravede la bella villa Selva e Guasto, dal nome dei due poderi che anticamente componevano la proprietà della tenuta granducale del Poggio Imperiale. La facciata rispecchia i caratteri dell'architettura secentesca, come pure la cappella gentilizia posta all'estremità del giardino.
Si fiancheggiano le scuderie di villa Piatti, che portano sul fronte medaglioni in terracotta con teste di cavallo, e si torna al piazzale Galileo. Il vasto spiazzo, che sul finire dell'Ottocento era ritrovo di carrozze dell'aristocrazia fiorentina e ambita meta di passeggiate che si snodavano da porta Romana al Piazzale, ha smarrito il suo volto poiché oggi quella piazza appare silenziosa, senza vita e quasi dimenticata.

Tratto da "Firenze e le sue colline" di L.Artusi e V.Giannetti. © 1997 SEMPER EDITRICE FIRENZE


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